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Sul Futuro dello sviluppo umano - contra polis

Altra appendice alla miniserie in questo caso come suggerisce il titolo un approfondimento sul perché sono contro la città nel presente e nel futuro, specie la smart city che nella prima parte ho definito novella Fordlandia per tagliar corto, ma che qui dettaglio per la teoria e la pratica.

la narrativa sulle smart cities

Nel libro Ripensare la smart city, di Francesca Bria e Evgeny Morozov caldamente consigliato c'è un bel passaggio che definisce il racconto di come siano belle le smart cities quale "la narrazione aziendale: spogliati di ogni accezione politica e apparato critico, questi racconti celebrano invariabilmente la marcia irrefrenabile del progresso e dell'innovazione, energeticamente accelerata dall'ingegno e dall'inventiva del settore privato", bene, fermiamoci su questo, cosa sappiamo di questa narrativa?

la sharing economy

Uno dei cardini è un concetto ben descritto da un altro testo che consiglio "Espulsioni. Brutalità e complessità nell'economia globale", di Saskia Sassen, la sharing economy, definita dalla Sassen come "l'outsourcing" di ogni cosa. La teoria è semplice da visualizzare in effetti: abbiamo tante cose che usiamo puntualmente, ma che stan ferme a vegetare per la maggior parte del tempo, una macchinetta del caffè domestica che ad es. eroga 3 caffè al giorno, anziché erogarne una marea a ciclo continuo in un bar, una lavatrice che fa un lavaggio ogni 1-3gg in casa vs una a gettone che gira ben di più ogni giorno. La teoria è che ci servano molte cose che poi sottoutilizziamo e che potremmo avere invece mettendo gli strumenti in comune risparmiando materie prime, lavoro, pensieri, manutenzione e costi pur avendo tutti il servizio. Non ci limitiamo agli elettrodomestici, la teoria è generale, le auto? Messe in comune, ognuno pesca la prima libera, la molla dove vuole ed un altro al prenderà poco dopo, niente scelta del modello, assicurazione, burocrazia, … Gli edifici? Idem, si viaggia leggeri, tutto a noleggio, vestiti compresi, molliamo gli sporchi prendiamo i puliti, dormiamo in un capsule hotel, l'unica peculiarità "nostra" è il login su qualche app/dispositivo volta per volta.

Ecco, nel paragrafo qui sopra siamo passati rapidamente dal "eh, ma 'sta sharing economy sembra sensata" a "Kooosaaaa?! È un incubo distopico in cui l'individuo si annulla!" ed infatti ante litteram, il III libro che consiglio, ben precedente i due succitati, L'uomo a una dimensione di Herbert Marcuse descrive proprio questo. Nella sharing economy si torna proletari, braccia da lavoro, operai modello Ford ovvero robot di carne sostituibili ove una tessera a punti è il logbook del robot e l'identità il suo codice a barre. Del resto per poter metter in comune bene serve che tutto sia interconnesso e gestito centralmente, sennò come garantiamo la disponibilità del servizio? Da qui passiamo al II punto della narrativa

la smart city algoritmica, inclusiva, …

Si, così si narra, una città bella pulita dove tutto scorre armonioso grazie alla gestione intelligente centrale che col continuo monitoraggio riesce a render tutto armonioso… ma per poter aver questa gestione servono i succitati robot di carne, pensate solo ad un viaggio in treno: se siamo persone non ci sono problemi, le dimensioni sono varie ma abbastanza simili, come i polli in allevamento che si possono ammazzare a macchina per questo, la merce si carica e scarica da se senza intoppi. Beh, quasi, perché magari un giorno c'è qualcuno in carrozzina e quando capita, come chiunque abbia usato un po' il treno avrà notato, le cose non vanno mai tanto lisce. Ma la cosa che non va più spesso liscia sono i bagagli: qualcuno ha solo la borsetta, ma altri han tante valige e son grosse e non stanno nei posti preposti. Sono un incubo. Per questo serve che la merce non abbia bagaglio. Anche i bambini possono dar problemi, se non stan fermi e buoni. Per questo molti ristoranti non li vogliono, idem gli animali…

Serve merce standard. Robot di carne conformi, ubbidienti, che muovo come da programma. Ed ecco il nocciolo: chi è che fa il programma?

Sono forse gli abitanti della polis che decidono da se come evolvere? Certo che no, la polis non può evolvere, non sono più edifici individuali in cui al massimo ci si preoccupa di far allacci per acqua pulita, di scarico, elettricità, fibra ottica e strade. È un unico sistema interconnesso. Cambiarlo vuol dire riprogettarlo, non c'è granché evolvibilità essendo tutto centralizzato e non c'è spazio per far cantieri che non siano incubi per la circolazione. La città smart è un grande allevamento intensivo di umani, si, qualcosa può cambiare, ma di poco, oltre serve rifare l'infrastruttura cittadina che per natura non è modulare. Questo problema lo vediamo già nelle città attuali: un tempo c'era la posta, le lettere, i pacchi erano una rarità. Abbiamo quindi fatto condomini con la parete di cassette apposite, soluzione efficiente in cui un postino parte dall'ufficio postale di zona, ha le lettere già divise in una borsa a soffietto, un palazzo alla volta, in ordine di numero d'appartamento e come un robot smista le buste nelle cassette giuste. Sistema OTTIMO. Ah, però, però poi arriva il retail on-line ed i rari pacchi diventano il grosso delle consegne, e non c'è spazio e in genere non c'è modo di ricavare spazio per aver "casette da pacchi" di dimensione adeguata, il postino non può più andar a piedi con la borsa e non c'è spazio per lasciar il furgone mentre consegna ecc.

Come ho scritto all'inizio di questa serie vivevo in una grande città, la consegna dei pacchi era un incubo, in genere li facevo arrivare a negozi di amici che me li tenevano in caldo, ma se tutti facciamo così i negozi devono far un'area dedicata, perché ogni palazzo non ha abbastanza negozi rispetto al numero di appartamenti. Una banale evoluzione, un tale disastro. Nella città smart il problema si risolverebbe grazie alla proprietà unica: un negozio su 4 viene rilocato e i locali adibiti ai pacchi, il negoziante non ha nulla, per lui una città vale l'altra, vive nel suo raggio di 15' a piedi e non vede differenza sostanziale tra Tokyo, Parigi, Mosca o NY, al massimo cambia il clima, qualche dettaglio architettonico, la lingua parlata, ma il succo è lo stesso. Vende quel che gli passa il fornitore, oppure produce quel che gli dicono di produrre, non ha autonomia. Ma quando ha da evolvere oltre anche la smart city fallisce, se passiamo dalle auto su ruote a quelle volanti non c'è margine di adattamento manco disponendo liberamente degli abitanti come i "puppet" di JP Morgan-iana memoria. Se dobbiamo far fotovoltaico e pompe di calore idem, manca spazio, impossibile adattare l'urbe. Possiamo solo ricostruire, altrove non potendo rilocare. Uno spreco di risorse IMMENSO, un inquinamento senza fine.

gli effetti sociali

Già oggi in città abbiamo da uscire molto più spesso che nella vita sparsa: si va in ufficio, non c'è l'ufficio in casa, se non in condizioni medie assai scomode per la mancanza di spazio, e già questo mostra il FALLIMENTO della teoria dell'outsourcing per efficienza: costruiamo MOLTO DI PIÙ per aver appartamenti ed uffici e poi i palazzi di appartamenti sono solo dormitori, gli uffici usati solo nel limitato orario di lavoro. Grandi edifici, mari di materie prime, infrastrutture, costi di manutenzione ed esercizio, vuoti per un po' più di metà giornata e noi a far la spola, spesso con trasporto pubblico, ogni giorno. Bella efficienza! Poi quando siamo liberi e usciamo, solo per consumare, altro non c'è, non c'è bella natura, funghi, castagne, un orto da coltivare, andar a pesca o a caccia, … solo attrazioni a pagamento. Abbiamo anche visto come queste città non possono evolvere, banalmente il passaggio dalle lettere cartacee ai pacchi, che qui dove vivo ora è semplicemente metter una capannetta in giardino, tagliando un po' di più la recinzione dove c'era la cassetta della posta o aprire da remoto il cancello ed il fattorino lascia il pacco al coperto senza dover entrare in casa o lo consegna direttamente perché se si telelavora si è in casa durante la distribuzione, o ancora lo lascia in qualche raro negozio del paesello, che tanto gli abitanti sono pochi e lo spazio c'è quindi qui tener i pacchi non è il problema di una città con condomini da n piani. E pure per l'auto volante non ci son problemi: c'è il giardino, niente fili volanti o altro. Fotovoltaico? No problem. Pompe di calore? Idem, geotermiche incluse che siamo tutti a piano terra. Sparsi si evolve e ci sono molteplici opzioni per farlo, si può sperimentare. Densi no.

Ma non è solo lo spreco enorme di risorse per fingere di render più efficiente il loro utilizzo, in realtà dell'efficienza non importa, quel che si vuole è ridurre gli umani da cittadini a robot, senza nulla, come i proletari di un tempo, la città fa consumare un mare di risorse. Siamo in giro, magari in ufficio? Ecco il pranzo pronto al volo, con contenitorini usa e getta vari. Facciamo un giro in centro? Ecco altri consumi. La città è un florilegio di roba pronta per far spendere, e non avendo spazio non possiamo conservare, l'efficienza millantata è abusata per vendere di più, lo scopo? Il vecchio circense romano, il cittadino-suddito senza nulla tanto incassa tanto spenderà in servizi, non mette da parte perché ogni cosa è in comune, godrà solo di più servizi da consumare se guadagna di più, non c'è eredità perché non si possiede nulla. Sinché ha il panem il divertimento lo tiene buono e per divertirsi si fa schiavo del padrone. Se si ribella non ha nulla con cui sostentarsi durante la lotta.

Il cittadino è lavoratore ed unità per procreare futuri lavoratori, i sapienti che disegnano la città e vivono fuori scelgono che lavori fargli svolgere e il credito sociale regola la mobilità geografica, il cittadino non ha alcun potere decisionale, non c'è nulla di decidibile nel suo stato miserando. Più obbedisce ed è utile al sistema non suo più avrà da consumare. Null'altro.

conclusioni

Come avrete capito la città smart è in effetti una novella Fordlandia, di proprietà di Henry Ford la prima, di Toyota una più moderna, ma comunque di qualcuno che li non abita, gli abitanti sono suoi dipendenti, asset che il padrone può scambiare con altre città smart nel neofeudalesimo1 redivivo, dicendo come nel medioevo si diceva alla plebe "è Dio che stabilisce il destino dell'uomo, tu sei nato contadino questo devi fare, ognuno ha un suo compito" così oggi è "la 'scienza' del padrone che determina le tue qualità, solo lei sa cosa davvero puoi fare per sviluppare il tuo potenziale e tutti dobbiamo contribuire al funzionamento del munifico sistema". L'app di incontri ti trova il/la partner, il social score dice se e quanti figli dovrai fare e via dicendo.

Al tempo ammantato di religione, oggi di scientismo, la religione della pseudoscienza. Ma in ambo i casi il popolino bove crede, perché non sa conoscere, solo credere a chi lo convince, gradendo pure il ruolo sottomesso perché così non c'è da pensare, a noleggio basta pagare. Obbedendo si guadagna e stop.

Se non ci credete provate a provare il contrario, a voi stessi, se avete altre idee condividetele, farsi le pulci a vicenda come completarsi a vicenda crea il futuro. Nell'interim pensate ad es. all'India, i più non lo sanno, ma nel 2016 ha fatto la prima rivoluzione di moneta digitale imposta su scala enorme, e già questo ha fatto morti e feriti, e va ancora avanti, il governo Modi vuole 100 smart cities da vendere ad un popolo che in larga parte muore di fame, caldo, non ha manco gli strumenti necessari per operare nell'economia digitale imposta, lo stesso ha fatto la Nigeria con analoghi risultati. Benvenuti nella smart-society dove i non allineati sono espulsi, schiacciati, dove pochi padroni di tutto decidono ed i più obbediscono. Questo futuro è quello che si sta generando da anni, quel che propongo in questa serie è un futuro alternativo che ritengo possibile. Ai più la scelta, ai posteri l'ardua sentenza. Domandatevi come mai le città smart nascono in posti esotici, finanziate dall'FMI, le monete digitali si impongono prima nel III mondo ecc. Sono esperimenti del futuro che ci attende se lasciamo fare coloro che vogliono possedere il mondo.

Vogliamo buttare il New Deal nella Polis smart dove esser schiavi, o vogliamo un nuovo mondo dove non esserlo?


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sono vari autori che usano questo termine, dal ben noto ex Ministro delle Finanze greco, l'economista Yanis Varoufakis nel suo Tecnofeudalesimo. Cosa ha ucciso il capitalismo a Mariopaolo Fadda L'Armageddon ambientalista: Dalla "primavera silenziosa" al neo-feudalesimo passando per Raul Jimenez Tellado e Fernández Luis Moreno in Democrazie robotizzate. USA e UE: neofeudalesimo e reddito di cittadinanza? solo per citare i primi titoli che mi vengono in mente sul tema.